
Secondo Stephens, le misure radicali del libero mercato prescritte da Milton Friedman e dai suoi ignobili Chicago Boys al dittatore cileno Augusto Pinochet, sono il motivo per cui il Cile è una nazione prosperosa che dispone “di un codice edilizio fra i più rigorosi del mondo”.
C’è un problema di fondo con questa teoria. Il moderno codice edilizio sismico del Cile, pensato per resistere ai terremoti, fu adottato nel 1972. La data è di grande importanza, poiché siamo ad un anno dalla presa di potere di Pinochet con il sanguinoso colpo di stato spalleggiato dagli Stati Uniti.
Se quindi c’è qualcuno a cui va attribuito il merito di quella legge non è Friedman nè Pinochet, ma Salvador Allende, il presidente socialista cileno eletto democraticamente (anche se di certo bisogna ringraziare molti cileni, poiché le leggi riflettevano una storia piena di terremoti, con le prime disposizioni antisismiche che risalgono agli anni ’30). È quindi significativo che la legge sia stata promulgata proprio nel mezzo di un pesante embargo economico (“Che fallisca l’economia!” grugnì Richard Nixon, si racconta, quando Allende vinse le elezioni del 1970). Il codice è poi stato aggiornato negli anni ’90, decisamente dopo che Pinochet e i Chicago Boys ebbero abbandonato il potere lasciando il posto alla democrazia.
Ne sorprenderà il fatto, come ricorda Paul Krugman, che Friedman fosse ambivalente rispetto al codice edilizio, che considerava un ennesima violazione della libertà capitalista. Per quel che riguarda la tesi secondo la quale le misure friedmaniane sono il motivo per cui i cileni “vivono in case di mattoni” e non di “paglia”, dimostra chiaramente come Stephens non sappia nulla del Cile prima del golpe.
Il Cile degli anni 60 aveva il miglior sistema sanitario ed educativo del continente, e disponeva di un effervescente settore industriale, con una classe media in rapida crescita. I cileni credevano nel proprio stato, ed elessero Allende perchè ampliasse ancora quel progetto. Dopo il golpe e la morte di Allende, Pinochet e i suoi Chicago Boys fecero tutto il possibile per smantellare la sfera pubblica cilena, svendendo le imprese dello stato e restringendo le regole finanziarie e commerciali. Si creò una grande ricchezza in quel periodo, ma ad un prezzo terribile. Per l’inizio degli anni ’80 le misure di Pinochet raccomandate da Friedman avevano provocato una rapida de-industrializzazione, moltiplicando per dieci la disoccupazione, e creando una miriade di quartieri di capanne chiaramente instabili. Causarono anche una crisi di corruzione e di debito talmente gravi che nel 1982 Pinochet si vide obbligato a rimandare a casa gli assessori dei Chicago Boys, nazionalizzando le varie istituzioni finanziarie de-regolate (vi ricorda qualcosa?). Per fortuna i Chicago Boys non riuscirono a distruggere tutto quello che aveva costruito Allende. L’industria nazionale del rame rimase nelle mani dello stato, immettendo ricchezza nelle città e nelle casse pubbliche, e impedendo che i Chicago Boys facessero entrare l’economia del Cile in un rapido e totale declino. Né peraltro riuscirono a disfarsi del rigoroso codice edilizio del Cile, una disattenzione ideologica per la quale oggi li possiamo solo ringraziare.
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